L'Alveare come simbolo del Tempio della Grande Madre

"Where are the Bees VI" by Helen Klebesadel Art

In un post precedente ho parlato delle Melisse, ossia delle Api come simbolo del ruolo sacerdotale, oggi parliamo dell'Alveare come espressione simbolica del Tempio Sacro.
Iniziamo esplorando sinteticamente come funziona la società delle api. L'alveare è di fatto una comunità matriarcale composta da una Madre (l'Ape Regina) e una moltitudine di figlie sterili (le api operaie). La Regina  è la Creatrice, vive circa 4 anni e nasce da uova esattamente identiche a quelle delle operaie da cui si differenzia, anche morfologicamente, unicamente perché nutrita con pappa reale. Le operaie, invece, hanno il compito di svolgere ogni lavoro all'interno dell'alveare (cura della prole, costruzione dei favi, trasformazione del nettare in miele, difesa da possibili intrusi, ecc.) e anche fuori (raccolta di nettare, polline, propoli ed acqua) e il ruolo viene stabilito in base all'anzianità, nel senso che tutte, o quasi, nell'arco della loro breve vita (circa 40 giorni nel periodo di raccolto e anche oltre i 3 mesi in quello invernale) eseguono cronologicamente tutte le mansioni.
In alcuni periodi dell'anno, ovvero in primavera-estate, sono presenti nell'alveare anche i fuchi, i maschi, che hanno il compito di fecondare le Api Regine vergini nate a seguito di una sostituzione per anzianità, morte accidentale o sciamatura (ovvero la divisione dell'alveare originario in altri nuclei, o colonie). La fecondazione avviene in volo, una sola volta nella vita, ed interessa un numero di fuchi variabile, ma che spesso supera i 15.  La relazione tra i vari esseri che popolano l'alveare è molto stretta tanto che i singoli soggetti che lo compongono formano un insieme organico tanto che l'Alveare diviene una sorta di super-organismo. 
Affascinante è osservare come api ed essere umano facciano parte di una evoluzione convergente ed abbiano molte più cose in comune di quanto si pensi. Entrambi hanno una formidabile cura della prole che alimentano in maniera progressiva durante la loro crescita (la maggior parte degli insetti, invece, depone l'uovo nel substrato da cui il piccolo si alimenterà da solo durante la fase di sviluppo e senza conoscere la madre); entrambi alimentano i piccoli con un prodotto secreto da una loro ghiandola (il latte e la pappa reale); entrambi producono, trasformandolo, il cibo di cui si nutrono; entrambi, infine, possono usare un linguaggio simbolico (la parola e la danza) con la quale gli individui si scambiano  informazioni essenziali alla sopravvivenza.
Tornando all'Alveare, è facile ora intuire il nesso che c'è con il Tempio, che è il fulcro della Comunità (matriarcale) della Grande Madre, rappresentata dall'Ape Regina e dall'Alveare stesso come Grembo di Vita e Rete dell'Esistenza collettiva, l'Alveare è l'Anima di Gruppo che chiamiamo Dea, o Madre. Tutta la comunità del Tempio/Alveare è composta dalle/i sue/i figlie/i e dalle sue Melisse/Sacerdotesse, che operano congiuntamente, come molecole del Suo stesso corpo, per curare, nutrire e sostenere le piccole larve e l'intera Comunità. Le Melisse/Sacerdotesse più esperte o anziane, possono diventare Madri e sciamare dal nucleo originario dove si sono formate e hanno operato, creando nuove colonie, nuovi Templi della Grande Dea.
Altro elemento importante dell'Alveare, che rende sacra l'ape, come Architettrice Cosmica, conoscitrice della Geometria Sacra, è il suo essere composto da cellette di forma esagonale. L'esagono, in questo caso, rappresenta la manifestazione dell'armonia divina insita nella Natura, risultante dall'intersezione di due triangoli equilateri, uno con la punta rivolta verso l'alto e l'altro con la punta rivolta verso il basso. Questi triangoli rappresentano i due principi universali: maschile e femminile, che si uniscono in un unico simbolo, come nel Tao, espressione anche qui della Grande Madre che accoglie, genera e comprende entrambe le polarità, che danzano armoniosamente nel suo Grembo. L'Alveare rimanda anche alla Forgia e al processo Alchemico di trasformazione della materia, di cui le api sono grandi Maestre. Tutti i prodotti dell'Alveare sono ritenuti da sempre sacri: la cera essenziale per portare la Fiamma della Luce Divina sulla Terra, il miele come alimento benedetto usato anche per la cura del corpo e nei rituali sacri alla Dea, ingrediente principale di bevante inebrianti, estatiche e profetiche, come l'idromele; la propoli, sostanza protettiva e medicamentosa; il polline ricco e nutriente simbolo di fertilità e generazione; e la pappa reale, rappresentazione dell'Ambrosia divina.
Ho scelto di chiamare questo blog "L'Alveare della Dea", non solo per la ricca simbologia che abbiamo visto, ma anche perché le Api e quindi l'Alveare sono elementi comuni sia a Brigit che a Mefite. Le Api sono espressione di fertilità, ispirazione, alchimia, forza e nutrimento, simbolo sia lunare che solare, infuocato e acquatico, aereo e ctonio, ma sono anche delle messaggere e delle guide, per cui intrinsecamente collegate alle Signore della Soglia, quali sono Brigit e Mefite. In più le api sono anche simbolo di profezia, rigenerazione, purificazione e dell'Anima che sopravvive alla morte, tanto che molte tombe in tempi antichi erano costruite a forma di arnia. "Il sentiero delle api" nella tradizione germanica, era un'espressione che alludeva al vento che trasportava le anime nell'Altromondo.  Simile a quest'ultimo concetto é il Cammino del Polline della tradizione Navajo. Un loro canto in forma di lorica recita:

"Oh, bellezza davanti a me
Bellezza dietro di me
Bellezza alla mia destra
Bellezza alla mia sinistra
Bellezza sopra di me
Bellezza sotto di me
Sono sul Cammino del Polline"

Come abbiamo visto, Brigit nei miti possedeva un meleto con delle arnie sacre nell'Altromondo e le sue api avevano il compito di portare il nettare divino della Sapienza e dell'Ispirazione sulla Terra.
Riguardo a Mefite, una delle ipotesi etimologiche del suo nome la collegherebbe proprio al miele. Secondo questa ipotesi l’origine del nome sarebbe da ricondurre all’indoeuropeo medhu e dal verbo medhu-io, corrispondente al greco methuo, ad un’ipotetica forma latina mefio, “inebriare”, da cui mefitis nel senso di “vapore inebriante” o “inebriamento”. La stessa base medh è presente nella parola indeuropea che indica l’idromele, che si trova anche nel celtico, nel germanico e nell’indiano sempre con significato di “stordire”, “inebriare” e che trova confronto nel latino madeo “essere imbevuto a sazietà”. Interessante anche il raffronto con l’umbro mefa delle Tavole Iguvine che indica la focaccia sacra, impastata con il miele.  Mefitis sarebbe dunque “colei che stordisce e inebria” e avrebbe un legame con il dolce, nutriente, sensuale e dorato miele, ciò ne potrebbe fare anche una Regina delle Api. 

Le metafore che si ispirano al miele sono fra le più antiche della nostra lingua e di altre che l’hanno preceduta nel tempo. Gli inni vedici associano spesso il latte e il miele che, secondo la Bibbia, scorreranno nella Terra Promessa. I babilonesi facevano del miele l’offerta agli dei per eccellenza, giacché questi dei esigevano un cibo che non fosse toccato dal fuoco. Nell’Iliade alcune giare di miele servono da offerta ai morti.
(Claude Lévi-Strauss)

L’ape ricama fili invisibili da un fiore all’altro e cuce il prato di luce. E il polline che porta con sé, se lo guardi bene, è una polvere d’oro simile alle stelle, solo che anziché galassie crea l’incantesimo del miele
(Fabrizio Caramagna)

Noi siamo le api dell’Universo. Raccogliamo senza sosta il miele del visibile per accumularlo nel grande alveare d’oro dell’invisibile.
(Rainer Maria Rilke)

Andate nei campi e nei vostri giardini, e vedrete che il piacere dell’ape è raccogliere miele dal fiore. Ma è anche piacere del fiore concedere all’ape il suo miele. Perché un fiore per l’ape è la fonte di vita. E un’ape per il fiore è un messaggero d’Amore. E per entrambi, per l’ape e per il fiore, darsi e ricevere piacere è insieme ebbrezza e bisogno.
(Khalil Gibran)

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